ISIDE
Iside era una delle divinità più venerate dell’antico Egitto, dea della maternità, della magia e della rinascita.
Figlia di Nut e Geb, era sorella e sposa di Osiride, con cui governò sull’Egitto diffondendo la civiltà.
La sua leggenda è legata al mito di Osiride: dopo che il fratello Seth lo uccise e ne disperse il corpo, Iside lo cercò e lo ricompose, permettendogli di generare il figlio Horus, destinato a vendicarlo.
Nota come la “Grande Maga”, possedeva poteri straordinari, tanto da ottenere il “nome segreto” di Ra, acquisendo il dominio sulla magia. Fu anche protettrice dei defunti e guida delle anime nell’aldilà.
Spesso raffigurata con il trono sul capo o con il disco solare tra corna bovine, era associata alla fertilità e alla regalità.
Il suo culto si diffuse ben oltre l’Egitto, arrivando nel mondo greco-romano, dove fu assimilata a Demetra, Venere e Fortuna. A Roma, Iside venne venerata come dea universale e protettrice dei naviganti, con templi dedicati in tutto l’Impero. La sua influenza perdurò per secoli, trasformandola in una delle divinità più amate e sincretiche dell’antichità.
Il culto della Dea
Il culto delle divinità egizie in Italia nacque dalla fusione di elementi egizi e greci, favorita dai contatti con il mondo ellenistico. Tuttavia, alcune pratiche rimasero autenticamente egizie, come dimostra il sacerdozio romano modellato su quello alessandrino.
Le sacerdotesse isiache ricoprivano vari ruoli, tra cui Sacerdos Isidis e Pastophorus.
I sacerdoti, riconoscibili per la tonsura e lo scettro osiris, seguivano rigide regole, indossavano una tunica ornata di stelle e sandali di papiro.
I rituali giornalieri prevedevano tre momenti: il risveglio della dea con canti e abluzioni; l’adorazione dell’acqua sacra del Nilo, simbolo della fertilità di Osiride; e l’ufficio di chiusura.
A differenza dell’Egitto, dove solo il sacerdote del re poteva vedere la statua della divinità, in Italia l’immagine di Iside era esposta ai fedeli. Le donne più ricche cercavano di ottenere l’acqua sacra per le offerte, mentre altre partecipavano a pellegrinaggi.
Tra le principali festività vi erano il Navigium Isidis (5 marzo), una solenne processione che culminava con l’offerta al mare di una nave sacra, e l’Inventio Osiridis (26 ottobre – 3 novembre), che celebrava la morte e la resurrezione di Osiride. Durante il Navigium Isidis, la processione assumeva toni carnevaleschi, con figuranti mascherati e animali addobbati.
Il sacerdozio isiaco includeva anche guaritori e interpreti di sogni, come i Pastofori, che praticavano la guarigione per incubazione nei templi. Ex voto con immagini di parti del corpo guarite venivano lasciati nei santuari dedicati a Iside “guaritrice”, come attestato da Tibullo: “Nunc, dea, nunc succurre mihi / Nam posse mederi / Picta docet templis multa tabella tuis”.
Iside Panthea
L’Iside alessandrina è una divinità sincretica che incarna molteplici aspetti e nomi, come evidenziato dall’iscrizione di Capua del III secolo d.C.: “A te che sei Una e Tutto, o Dea Iside”.
Questa concezione di Iside come panthea, ossia dea universale, si sviluppò ad Alessandria, città caratterizzata da un forte eclettismo culturale, in cui le tradizioni egizia e greca si fusero dando origine a un’interpretazione più ampia e filosofica della divinità.
L’idea di Iside come “Una e Tutto” trova radici nell’antico Egitto, dove Amon-Ra veniva celebrato come l’Uno che genera tutte le cose. Questo concetto si ritrova anche negli scritti ermetici, che descrivono la divinità come Uno e Tutto, in un flusso continuo di creazione e trasformazione. In questa visione, gli dèi rappresentano manifestazioni di un’unica essenza divina.
Nel contesto del sincretismo ellenistico, questa concezione fu espressa nelle aretologie, inni greci dedicati a Iside tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C., che la celebravano come regina degli dèi, madre divina e astro del mattino.
Le aretologie
Il culto di Iside Panthea, la dea dai mille nomi, si sviluppò soprattutto in età ellenistica e romana, fondendo elementi religiosi egizi e greci. Numerose iscrizioni e testi, tra cui un’epigrafe di Capua del III secolo d.C. e i geroglifici degli obelischi di Domiziano a Benevento, ne testimoniano la venerazione come divinità universale, associata al sole, alla giustizia e alla magia.
L’idea di Iside come divinità suprema e onnipresente affonda le sue radici nella teologia egizia, che concepiva il dio unico come fonte di tutte le cose. Questa concezione si riflette anche negli scritti ermetici, che la descrivono come l’Uno e il Tutto, in parallelo con il concetto egizio di Amon-Ra.
Le aretologie, inni di autocelebrazione della dea, furono composte tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C. e venivano recitate durante le feste isiache. L’aretologia di Kymé, tra le più celebri, descrive Iside come creatrice del mondo, madre di Horo, legislatrice, signora dei venti e dei mari, e garante della giustizia. Simili elogi si trovano nelle iscrizioni di Medinet Maâdi e nel papiro di Ossirinco, che la invocano come dea salvifica e misericordiosa, capace di proteggere gli uomini dalla guerra e dalle tempeste.
La figura di Iside è esaltata anche in testi latini, come nell’Asino d’Oro di Apuleio, dove si manifesta a Lucio come madre della natura, signora degli elementi e divinità suprema, identificandosi con numerose dee del pantheon mediterraneo. Questa fusione di caratteristiche rese il culto isiaco uno dei più diffusi nell’antichità, con una presenza che si estese ben oltre i confini dell’Egitto.
FONTE: B. de Rachewiltz, A. M. Partini – ROMA EGIZIA: culti, templi e divinità egizie nella Roma Imperiale – Edizioni mediterranee Roma